Mario Fortunato : Certi pomeriggi non passano mai / nottetempo 2009. (recensione)
Mario Fortunato / Certi pomeriggi non passano mai
nottetempo, Roma 2009
Luoghi naturali
Mario Fortunato esordisce nel 1988 con Luoghi Naturali nei “nuovi coralli” Einaudi (397), una raccolta di nove racconti, autonomi ma fitti di rimandi interni, dove la scansione segnata dai titoli è più una cadenza che una separazione: un romanzo in forma di racconti; di due anni prima è La casa del corpo (Libreria Shakespeare and Company, 1986), una raccolta di poesie.
Luoghi naturali, uscito due anni dopo la traduzione italiana (a cura di Delfina Vizzoli) di Ballo di famiglia di David Leavitt (Mondadori, 1986), propose la figura di Fortunato come esempio italiano di autore minimalista, che, con quel Nuovo Corallo portava una scrittura, dei temi, un attitudine sin lì minoritaria, nei quartieri alti dell’editoria italiana.
Riletto ora sembra un inascoltato tentativo di proseguire in forme piane il genere romanzo, che vacillava allora dopo anni di affondi, senza finti ritorni nostalgici, bensì attraverso la tessitura delicata ma non rinunciataria dei toni, degli echi che si intrecciano attorno ai personaggi, e ai luoghi, di pagina in pagina.
Da quel testo Mario Fortunato ha tentato ancora sulla medesima strada, (muovendosi fra Einaudi, Theoria, Rizzoli, Bompiani) via via però inspessendo le trame e i riferimenti ai generi, e allontanandosi anche dal presente.
Ha tentato un’autobiografia attraverso le letture e gli autori amati, ha sconfinato nel reportage narrativo, sempre fedele ad un tentativo di sperimentalismo dimesso, via via però sedotto dai movimenti ampi del melodramma, del giallo, del feuilleton.
Certi pomeriggi non passano mai
Ora vent’anni dopo Luoghi Naturali esce da nottetempo, ne “i sassi”, un breve raccontino: Certi pomeriggi non passano mai.
Scritto in prima persona il testo ondeggia fra discorso interiore e racconto. Valicando le due forme secondo delle curve emotive, che seguono e descrivono gli stati d’animi di chi parla: quando si fa racconto l’esposizione dei fatti inalbera una ricerca d’ordine, cronologico e causale fra i fatti, quando diventa un parlare, un gridare, fra sé, accoglie l’irrompere della disperazione, dello spavento.
Il narratore è in casa, aspetta l’arrivo dell’amato.
In gioco è l’amore, la nostalgia, il timore che quell’amore sia finito. C’è stato fra loro un allontanamento, dopo una lunga storia. L’occasione dell’incontro è banalmente quotidiana, lascito della consuetudine alla presenza: un aiuto nella vita pratica.
Pian piano che la voce narrante si costruisce, il testo suona non più come racconto, conquista una dimensione teatrale, di messa in scena di sé che necessita di un pubblico: la triade Cocteau-Magnani-Almodovar, La voix humaine, aleggiano con discrezione, sostituito il telefono col cellulare, e gli sms, Fortunato scrive un monologo, chiuso nello spazio di un appartamento a due piani, della terrazza.
Amata disperazione
Di quell’attesa e quella frustrazione che Cocteau rese così bene, questo testo è debitore, ma da quel modello Fortunato sembra essersi affrancato, introducendo, oltre agli scatti melodrammatici (“Mi viene da piangere ma invece di piangere urlo, dico frasi sconnesse e inutili”, p. 37), una lieve ironia su di sè, mai esibita, che tutta passa attraverso l’uso di parole un poco desuete: “la giacchetta” (p. 8), “la poveretta […] era rovinata in terra”, (p. 14), “due piccoli farabutti”, “energumeni”, (p. 15), “tutto è perduto”, (p. 33), che disegnano una discreta lontananza dal mondo, uno sguardo modesto, che risulta buffo confronto alle furie di disperazione che a tratti prendono il narratore.
C’è in Certi pomeriggi non passano mai una consuetudine con lo strazio dell’incertezza dell’amore che non si fa mai disillusione; pur nella febbre decifratoria che abita il narratore, maniacale nell’enumerazione delle ipotesi riguardo al ritardo dell’amato, che subito si tramuta in assenza, e subito in sparizione, c’è anche un pacato godimento, una fiducia, nell’amore, che illumina i giorni quando questi sono giorni buoni, di felicità perfetta, di presenza condivisa, ma illumina anche i giorni bui, i giorni e le ore di spavento per l’assenza, di paura della fine.
Non c’è qui il feroce accanimento all’idea dell’amore, la certezza di non esistere senza l’altro, che Magnani inverava nella sua voce roca, bensì, nella consapevolezza delle proprie fragilità, una sorta di stupore persistente, forse conquistato con gli anni, verso l’amore. “[…] Svegliandomi di tanto in tanto, lo guardavo provando la pena infinita che solo la felicità può dare. […]”, (p. 31).
Il titolo è il sigillo ironico al testo, indicando, in quel plurale, una consuetudine. Come c’è stato quel pomeriggio, così ce ne devono essere stati altri, e altri ci saranno, perché le difficoltà dell’amore, come i suoi doni, non lo mettono mai in dubbio, ma sempre ritornano, qualche volta di pomeriggio.
Echi
In coda al testo una piccola sezione, “Appendice (sms, appunti, scarti)”, gioca, in cinque brevissimi testi, con l’eco del testo concluso. A sipario chiuso permette l’evocazione di momenti esterni, che illuminano retrospettivamente la relazione fra il narratore e l’amato, e in maniera sorprendente per quanto sia efficace, testimoniano della persistenza del sentimento amoroso, disincarnato forse dall’essere amato, ma da questo sempre debitore.
Riassunto bibliografico:
queer / letteratura italiana / prime edizioni
Certi pomeriggi non passano mai / Mario Fortunato
1. ed. – Roma : nottetempo. – 47 p. ; 15 x 10,5 cm. – (i sassi)
Studio Cerri Associati (progetto grafico di)
©2009 nottetempo srl
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Gentile Federico Novaro, non so se va bene che un recensito ringrazi pubblicamente il proprio recensore. Ho visto solo ora la sua recensione al mio librettino: grazie per la sua lettura attenta e generosa. Cordialmente, mf
secondo me va benissimo, anzi. Il recensore agitato ringrazia. Cordialmente, fn
[…] questo blog s’è parlato di Mario Fortunato qui, e di nottetempo […]
[…] scritto sulla quarta di copertina di Certi pomeriggi non passano mai, recensito qui su […]
Caro Federico Novaro, grazie! Grazie per avermi fatto conoscere questo piccolo ma prezioso racconto…grazie per questo luogo virtuale di amore per la letteratura nel quale mi trovo spesso a vagabondare, persa tra i tuoi post e la passione per i libri. Continua con questo splendido lavoro!!
grazie grazie dei complimenti e degli incoraggiamenti, mi fanno naturalemtne molto piacere ^_^
e mi aiutano.
FN sta per essere tutto riorganizzato, ma questo sta prendendo molto tempo, spero che quando ce la faremo vorrai essere una delle prime a commentare 🙂