Progetto Grafico 22. Spazio comune (gallery rapita a fb)
Editoria / notizie / brevi / 48
Contravvengo per la prima volta in 5 anni alle regole di FN, e pubblico un post con immagini rubate in rete. L’occasione è la produzione di immagini promozionali in occasione del numero 22 di Progetto Grafico, uscite a ritmo serrato dallo studio Falcinelli and Co.
Mi piacciono tanto, soprattutto la prima che vedete qui sotto, che vede agire uno dei miei eroi preferiti, Stitch.
Progetto Grafico, che Sticht non darebbe a Lilo neanche in cambio di un gelato rosa FN, dopo 20 numeri diretti da Alberto Lecaldano è ora codiretto da Riccardo Falcinelli e Silvia Sfligiotti; dopo il 21, di transizione e presentazione delle intenzioni, è uscito ora il 22, di cui in coda trovate l’indice, pure quello copiaincollato dal sito dell’Aiap, l’Associazione Italiana Design Comunicazione Visiva di cui Progetto Grafico è organo e sede pubblica di discussione e condivisione dei saperi.
A me diverte molto che le immagini qui sotto siano per il numero dedicato allo “Spazio comune”, perché cosa più che i film è spazio comune del nostro immaginario?
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Progetto grafico 22 – Spazio Comune
Indice
[01]
Serena Brovelli, Luigi Farrauto, Silvia Sfligiotti
La grafica è un luogo comune
Graphic Design is a Commonplace
[02]
Luigi Farrauto, Claudia Vago
Dal Cairo a New York, tra spazio comune, obblighi e divieti
La blogger Tigella ci racconta ciò che ha visto durante le manifestazioni di Occupy Wall Street, in quegli spazi a metà tra il pubblico e il privato, temporaneamente occupati e riempiti di senso dai cittadini.
From Cairo to New York, Between Common Space, Commands, and Bans
The blogger known as Tigella talks about what she saw during the Occupy Wall Street protests in the spaces—designated as somewhere between public and private—that citizens temporarily occupied and filled with meaning.
[03]
Andrea Facchetti
Il design come articolazione dei conflitti
In un momento in cui la rappresentazione dei conflitti è rimossa dalla scena sociale, il design della comunicazione può riportare in vista differenze e contraddizioni.
Design as an Articulation of Conflict
At a time in which the depiction of conflict is removed from the social sphere, communication design could bring differences and contradictions back into view.
[04]
Claude Marzotto
Formes Vives, militanti e contenti
Tre designer francesi, uniti in un collettivo, propongono un modello di grafica attiva che vuole superare i cliché per proporre un nuovo immaginario politico.
Formes Vives, Joyous Militants
Three French designers working as a collective offer a model of active graphic design that aims to go beyond clichés to propose a new political imaginary.
[05]
Silvia Sfligiotti
Un cantiere aperto
Un gruppo di giovani designer si riunisce per «progettare» modi di lavorare alternativi in un’epoca di precarietà e competitività. Gli strumenti? Studio, condivisione e collaborazione.
An Open Construction Site
A group of young designers gets together to “design” alternative ways of working in an uncertain, competitive job market. Their tools? Study, sharing, and collaboration.
[06]
Daniele Tonon
Smarriti tra le leggi, alla ricerca di una guida
A New York un’associazione non-profit unisce designer ed esperti per spiegare in modo accessibile alla cittadinanza le leggi e le loro conseguenze sulla vita quotidiana.
Lost in all the Laws, in Search of a Guide
In New York a non-profit association unites designers and experts to explain, in way accessible to the citizenry, the laws and their consequences in everyday life.
[07]
Serena Brovelli, Silvia Sfligiotti
In un luogo preciso. Lupo & Burtscher & Lungomare
A Bolzano, uno spazio per l’arte e uno studio di design lavorano insieme nei luoghi della città (e non solo) per dare vita a progetti fondati sul dialogo e sulla partecipazione.
In a Precise Place. Lupo & Burtscher & Lungomare
In Bolzano, an art space and a design studio work together in locations around the city (and beyond) to create projects centered on dialog and participation.
[08]
Project Projects
Che cos’è il design?
Un manifesto per la Gwangju Design Biennale 2011 Academy series
Il manifesto proposto dallo studio newyorchese Project Projects invita a una pratica aperta e non autoreferenziale del graphic design.
What is design? A Manifesto for the Gwangju Design Biennale 2011 Academy series
The New York–based studio Project Projects’ manifesto calls for an open, non-self-referential graphic design practice.
[09]
Mario Fois
Condividere in rete: idee partecipative in tempo di crisi
Una riflessione sul mondo della rete, in un periodo di grandi cambiamenti in cui vale la pena valutare il modo in cui la partecipazione virtuale influenza e segna la vita reale.
Online Sharing: Participatory Ideas in a Time of Crisis.
Reflections on the online world during a period of major change in which it’s worth examining how virtual participation influences and affects life in the real world.
[10]
Maria Rosaria Digregorio
Progettazione come spazio comune
Ecco come alcuni giovani studi progettano nuovi spazi ponendo la collaborazione tra designer e utente al centro del processo creativo.
Design as Common Space
Here’s how a few young studios design new spaces that put the collaborations between designer and user at the center of the creative process.
[11]
Emanuela Bonini Lessing, Enrico Anguillari
Delta del Po: immagini del futuro per un presente comune
Una serie di workshop finalizzati all’analisi del territorio e alla visualizzazione di possibili scenari per il futuro del delta del Po.
The Po River Delta: Images of the Future for a Common Present
A series of workshops aims to analyze the territory and envision possible future scenarios for the Po River delta.
[12]
Roberto Gigliotti, Jonathan Pierini, Alvise Mattozzi
Segni e spazio pubblico alla Libera Università di Bolzano
Gli esiti di due workshop tenuti presso la Facoltà di design e arti della Libera Università di Bolzano in cui gli studenti si sono confrontati con esperienze progettuali legate al tema della città, dei suoi usi e della sua percezione.
Signs and Public Space at the Free University of Bozen-Bolzano
The results of two workshops held in the arts and design department of the Free University of Bozen-Bolzano (FUB), in which students grappled with design experiences related to the theme of the city, its uses, and the way it’s perceived.
[13]
Isabella Inti, Marco Tortoioli Ricci
Happinessie. Il mostro della felicità.
Workshop di 7 giorni sul riuso temporaneo dei luoghi e l’identità spontanea delle città
Durante una settimana, trentacinque studenti hanno esplorato la città di Perugia e i suoi spazi dimenticati, con l’obiettivo di renderli di nuovo «visibili» ai suoi abitanti.
Happinessie: The Happiness Fiend.
A 7-Day Workshop on Temporary Reuse of the City’s Spaces and Their Spontaneous Identity
Over the course of a week 35 students explored the city of Perugia and its forgotten spaces, with the goal of once again making them “visible” for city residents.
[14]
Riccardo Olocco
Un carattere oltre la balcanizzazione
Il Balkan non è solo un carattere tipografico, è un ponte tra due culture, tra due mondi vicini e lontani.
A Typeface Beyond Balkanization
Balkan is not only a typeface, it’s a bridge between two cultures, two worlds so near yet so far.
[15]
Dave Crossland
E se tutte le strade pubbliche italiane diventassero della Fiat o della Ford?
Riflessioni sulla libertà dei tipografi
Perché dovremmo accontentarci dei limiti imposti dal software proprietario? Il punto di vista di un designer che di mestiere «libera» le font.
What if all public roads in Italy became owned by Fiat—or Ford?
Thoughts on Freedom for Typographers
Why should we be satisfied accepting the limits imposed by proprietary software? The perspective of a designer who “frees” fonts for a living.
[16]
Stewart Brand
Perché non abbiamo ancora visto una fotografia di tutta la Terra?
L’ideatore del Whole Earth Catalog racconta la sua campagna del 1966 per la diffusione di una fotografia destinata a cambiare per sempre la percezione della Terra come spazio comune.
Why haven’t we seen a photograph of the whole Earth yet?
The creator of the Whole Earth Catalog talks about his 1966 campaign to circulate a photograph destined to change forever our perception of Earth as a common space.
[Fuori Tema]
[17]
Chiara Barbieri
Combinazioni di pezzi semplici. L’alfabeto universale del Bauhaus.
L’Universal di Bayer ha racchiuso tutti i miti del Bauhaus: utopie progressiste, razionalismo, semplificazione, standardizzazione.
A Combination of Simple Elements: The Universal Alphabet of the Bauhaus
Bayer’s Universal embodied the Bauhaus’s mythical ideals: progressive utopias, rationalism, simplification, standardization.
[18]
Alberto Lecaldano
Le vicissitudini dell’impresa. Note in margine a «Progetto grafico».
Riflessioni, consuntivi e divagazioni. Abbiamo chiesto a Alberto Lecaldano, ex direttore e fondatore di «Progetto grafico», qualche riga sui suoi 9 anni di lavoro.
The Vicissitudes of the Work: Marginal Notes on Progetto grafico
Reflections, reckonings, and digressions—we’ve asked Alberto Lecaldano, Progetto grafico’s founder and former editorial director, to write a few lines about his nine years of work with the magazine.
[19]
Riccardo Falcinelli
Una trilogia per Pintér
Ferenc Pintér e le copertine per Mondadori: tre volumi coordinati raccontano il lavoro di uno dei maestri dell’illustrazione editoriale in Italia.
A Trilogy for Pintér
A new three-volume set showcases Ferenc Pintér, one of Italy’s finest illustrators, and his covers for Mondadori.
[20]
Antonio Perri
Histoire de l’écriture. De l’idéogramme au multimédia
Anne-Marie Christin ha riunito 54 autori, francesi o francofoni, per una nuova storia della scrittura pubblicata da Flammarion.
Anne-Marie Christin brought together 54 French and Francophone authors to compile a new history of writing published by Flammarion.
37 lattine x 1 caffettiera / :due punti / CISS / Aiap
Editoria / notizie / brevi / 46
Qual è il nemico del riciclo?
La pessima grafica.
Tutto il grande magma dell’equo solidale, del biologico, del rispetta l’ambiente, del Km 0, del coltiva l’orto per salvare il mondo è immerso in una bagna di pessima grafica di pessimo gusto, tutto un farfallino, fogliolina, animaletto, tutto virato pastello, tutto un sole al nascere, una gemma verdolina, un fiore in boccio per non parlare della scarpa che si fa vasetto per la piantolina, la bottiglietta che si fa spaventapasseri per il balconcino, lo sci che si fa cinta per il campetto.
Tutte cose che istigano alla dispersione d’ogni bene indistruggibile in discariche abusive forever.
:due punti edizioni e CISS a Aiap hanno preso una strada diversa.
Hanno progettato e realizzato insieme un’agenda che sensibilizzasse sui temi ambientali attraverso l’intelligenza del progetto grafico.
Perché non è vero che per essere bravi abitanti della terra si debba anche essere melensi.
Le illustrazioni dell’agenda furono oggetto di un concorso gestito dall’Aiap, qui il bando, per capire come la cosa fu organizzata
L’agenda 37 lattine x 1 caffettiera la trovate descritta sul sito di :due punti edizioni
La potete comprare sul sito del CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud)
Potete vederne una copia virtuale su Youblisher
Bene, ora sapete tutto, non avete che da comprarla
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(chi ha pagato il libro? FN, allo stand di :duepunti edizioni a Più Libri Più Liberi, Fiera della piccola e media editoria a Roma, 2012)
Del Vecchio Editore TUTTO NUOVO
Nuovo progetto grafico, nuova organizzazione delle collane, nuovo blog per Del Vecchio editore
Con una riprogettazione grafica radicale, semplice e efficace, la casa editrice Del Vecchio, nata nel 2007, segna una volontà di affermazione in confini più ampi di quelli nei quali una grafica incerta e non davvero definita forse la tratteneva sinora.
È forse presto per parlarne, naturalmente progetti così ampi si giudicano su un numero di uscite che permetta di vedere affiancati diversi volumi, ma quel che si vede ad ora è molto promettente. Interessante è anche che la riprogettazione ha investito insieme l’aspetto grafico, il sito, l’organizazione delle collane, e visto la nascita, parallela al sito, di un blog, Senzazucchero.
Si vede in questo disegno complessivo un’ambizione forte e convincente ed è ammirevole per come si siano saputi individuare i punti di debolezza complessivi del catalogo, risolvendoli, senza nostalgie sciocche o attaccamenti a ciò che s’era fatto sinora, nessun timore di segnare un distacco netto. La particolarità anche della riprogettazione è che è “fatta in casa”: al colophon si legge: “progetto grafico Pietro del Vecchio [editore], Dario Lucarini [art director], Filippo Nicosia [ufficio stampa]” che, insieme a Vittoria Rosati Tarulli e Valentina Saraceni in redazione -indicate anche loro, come finalmente s’usa, nel colophon- sono la casa editrice; cosa non certo in sé foriera di successo sicuro, che se c’è anzi una causa della bruttezza e insensatezza di centinaia e centinaia di cataloghi di piccole case editrici è l’idea che la grafica te la fai in casa, tanto ci sono tanti programmi bellissimi che fanno tutto loro -rivelando non solo un livello di molto sotto il minimo di cultura editoriale, ma anche una fideistica credenza nel potere delle macchine un po’ sconcertante. Bene: qui non accade.
L’impostazione generale sembra essere “in levare”.
Dalle collane precedenti si scende a tre, “formelunghe”, “formebrevi”, “poesia”, in una resa all’essenziale programmatica.
Sono volumi in brossura, per “formebrevi” e “formelunghe” le copertine di “formebrevi” e di “poesia” sono in Century Cotton Wove White 280 gr. Fedrigoni, una carta uso mano, forte, resistente e molto piacevole al tatto, leggermente porosa assorbe il colore restituendolo compatto; quelle di “formelunghe”, a fondo bianco, sono in Old Mill 300g, sempre Fedrigoni, che ha marcatura a feltro su entrambi i lati, con un’evocazione quindi un po’ “old”. Nome della collana e della casa editrice, autore e titolo galleggiano nella parte alta della copertina, composti in Rotis Semi Serif, come compattati -giocando sul corpo dei diversi elementi, più grande il cognome dell’autore-, sotto un disegno: policromo per “formelunghe” -e il colore qui è anche presente nel titolo-, in negativo -bianco- per “formebrevi”. Al dorso un glifo raccoglie iniziali della casa editrice e numero d’uscita nella collana; indicazione di autore e titolo riprendono le scelte cromatiche della copertina. In quarta compare il logo della casa editrice -presente anche nella pagina dell’occhiello, unica testimonianza grafica del corso precedente- inserito in una colonna, giustificata al centro, che porta citazioni da recensioni, sopra, e prezzo e codice isbn, sotto. Per la “poesia” si è composta una griglia tutta tipografica, in alto -in negativo, su fondo tutto colore- l’autore, sotto il titolo, in italiano e in lingua originale, separati da una barra -la collana ospita testi poetici nella versione originale e italiana; più sotto, in font bastone giganti, le prime due lettere del cognome dell’autore.
Unica pecca anche se forse lieve, in un progetto che si distingue per coerenza complessiva e per il forte rispetto delle esigenze di leggibilità e riconducibilità immediata d’ogni volume al marchio d’appartenenza, oltre che per la piacevolezza d’uso per le dimensioni e i materiali, è -ma ci si riferisce alla sola prima uscita- l’immagine in copertina della “formebrevi”, dove la figura, stampata in negativo, in bell’accordo coll’indicazione dell’autore, è resa vettoriale forse con un gesto forse facile, non davvero controllato.
(i dati tecnici -il nome della carta e delle font- citati non li sapeva FN di suo ma sono tratti dalla cartella stampa che ha presentato il progetto)
(chi ha pagato il libro: la casa editrice, di sua sponte, ne ha inviato una copia a FN)
Della Del Vecchio editore su FN si parlò con una cartolina da Palermo nel 2011
Mariolina Bertini recensì per FN Prigioni e Paradisi, un inedito di Colette, accompagnato da un saggio di Gabriella Bosco (“Uno dei più bei saggi mai scritti su Colette”)
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Topipittori scrivono a Stefano Boeri, considerazioni del dopo BookCity
S’è chiusa Bookcity 2012 a Milano, con gran vociare. Dopo tanti tentativi, anche goffi -e la stucchevole eterna diatriba campanilistica fra Milano e Torino-, Milano sembra avere trovato la formula per una manifestazione incentrata sui libri, dotata di una sua originalità e forza -più “evento” diffuso per la città modello Salone del Mobile off e meno carnaio da Fiera modello Torino-.
Su twitter e su facebook i commenti trasmettevano contentezza, quasi euforia, il senso che una città così importante per l’editoria finalmente riusciva a regalarsi tre giorni di incontri, feste, presentazioni, laboratori, passeggiate intorno ai libri, insomma c’era gioia e orgoglio. FN pigrone non andò, quindi non ne può dir nulla. Oggi però Topipittori hanno pubblicato una lettera aperta a Stefano Boeri, assessore della giunta milanese responsabile della tre giorni.
Fra tutte le voci FN privilegia questa, non solo perché trova che Topipittori facciano libri bellissimi, ma per l’idea di editoria che Topipittori pratica, e che li rendono particolarmente autorevoli in merito a una manifestazione che, a differenza di quella torinese, o mantovana, o romana, molto si è basata sull’iniziativa dei singoli attori, chiamati ad agire sulla base di un canovaccio approntato dall’amministrazione, in una celebrazione dello spontaneismo molto festaiolo.
La singolarità della pratica editoriale di Topipittori sta nell’intendere il proprio mestiere in maniera molto ampia, che è certo fare i libri, ma è anche coltivare il mercato al quale si rivolgono, in un’idea di crescita condivisa. È certo l’editoria per le piccole bambine e i piccoli bambini un’editoria che si presta a condurre laboratori, a dialogare con genitori e insegnanti, a ragionare in pubblico sul proprio mestiere, e non si può dire che tentativi di farlo anche nell’editoria per adulti non ci siano -Minima & Moralia può essere un esempio in questo campo da paragonare con il densissimo blog dei Topipittori, ma certo non può che uscirne perdente di fronte al surplus di (non si saprebbe come definirla altrimenti) generosità che quest’ultimo mette in campo, nell’accogliere voci distanti dalle proprie, nel segnalare concorrenti, nel destinare a una voce apparentemente improduttiva del bilancio così tante energie e tempo-. Topipittori resta però agli occhi di FN un esempio molto interessante di come l’editoria lontana dall’entertainment -è più poca, si sa- possa interpretare il proprio mestiere oggi.
Ecco allora dei brani della lettera aperta, per la lettura integrale si rimanda, naturalmente, al blog dei Topipittori.
“[…] Il convegno che si è tenuto domenica mattina al Centro di Documentazione 0-6, sul tema libri cartacei/libri digitali è stato una sorpresa, per la qualità degli interventi e del pubblico: numerosi genitori, preparati e competenti, bravi a scambiare idee con professionisti del settore ad armi pari sui temi della lettura, dell’intrattenimento, del gioco, dell’educazione. Davvero un incontro prezioso per tutti
[…]
E, inevitabilmente, data la buona riuscita di questi eventi (interamente finanziati e promossi da chi li ha organizzati, cioè da noi e dagli altri editori di libri per bambini coinvolti), viene da chiedersi: quanto più sèguito avrebbero avuto, se avessero ricevuto più attenzione? Non sono in fondo, un po’ occasioni sprecate, se già con il minimo indispensabile dell’informazione, cioè quella che sta in noi fare con la nostra potenza di fuoco limitatissima, hanno successo? Quanto ne potrebbero avere realisticamente se fossero meglio supportate e promosse?
[…]
In queste rare occasioni milanesi in cui le cose si fanno e si muovono, si riscontra, ogni volta puntualmente, che fame abbia il pubblico di conoscere e avvicinare la letteratura per bambini e ragazzi, cioè di incontri e di eventi di buona qualità, quanto bisogno ci sia di confronto, informazione e formazione. Sono moltissimi i genitori, gli insegnanti, i bibliotecari, i librai, ma anche i semplici amanti della lettura e dei libri, che sono interessati ad approfondire un campo che nel nostro paese continua inspiegabilmente a rimanere una sorta di riserva indiana per esperti, e questo paradossalmente nonostante sia l’unico settore dell’editoria in crescita costante.
[…]
Oggi Il Corriere della Sera ha dedicata una intera pagina alla storia di una sconosciuta signora che, come terapia post-divorzio, ha creato una linea di cioccolatini di successo. Bravissima, niente da dire. Ma quando avremo il piacere di leggere una pagina dedicata a un libro per ragazzi, a un editore, a un autore o a un illustratore altrettanto sconosciuti, ma protagonisti di vicende fortunate e degne di attenzione? Mai, a stare all’esperienza. Una giornalista di un settimanale mi spiegò un giorno la resistenza della carta stampata a parlare di libri per bambini: «Meglio non parlarne: nei genitori il solo nominare la parola bambini scatena sensi di colpa, e i lettori non devono essere turbati.» Ma davvero è così? Io mi rifiuto di crederci: i numerosissimi genitori che incontriamo nel nostro lavoro sono persone vispe e piene di curiosità, che hanno voglia di conoscere i libri per scegliere sempre meglio quelli che danno in mano ai loro figli.
Che la letteratura per ragazzi sia vissuta come un terreno di lucro, privo di vero valore culturale, spiega la pessima qualità della gran parte dei prodotti correnti, oltre al totale disinteresse e alla sfrontata indifferenza di media e istituzioni nei confronti di questo settore.
[…]
Le ragioni per cui questo accade, sono tante. A noi sembra che, dopo un glorioso passato sui cui allori fra l’altro Milano ancora vive e prospera, in cui la creatività, l’intraprendenza, l’anticonformismo e l’innovazione sono state curate, seguite, premiate, amate, nutrite (nel campo del design, della moda, dell’editoria, della grafica, del teatro, dell’arte), Milano è invecchiata e lo ha fatto male, irrigidendosi, instupidendosi, e finendo per diventare una città bieca, i cui unici parametri di giudizio sono, ottusamente e cinicamente, il potere, il prestigio mediatico, il successo economico e le relazioni personali. Sembra che questi siano gli unici criteri sulla base dei quali questa città sa organizzare e riconoscere e attribuire spazi, meriti, voce.
[…]
la nostra speranza è che lei e gli organizzatori di BookCity riflettiate molto seriamente sul fatto che i libri per ragazzi, illustrati e non, per piccolissimi o per adolescenti, hanno seriamente a che fare con il futuro del nostro paese, e non solo dal punto di vista commerciale, ma da quello culturale. E vi mobilitiate per dare loro più spazi, più mezzi, più occasioni. Per fare sì che i media sappiano assumersi la responsabilità e la maturità di dare maggiore spazio a questa letteratura, come avviene in molti altri paesi del mondo, anche quelli in cui c’è minor benessere rispetto al nostro. E lo facciate riflettendo soprattutto su un dato: che il pubblico e l’interesse per questi libri e per questi eventi ci sono, eccome. E che mezzi ed energie magari possono essere incanalati con un po’ più di coraggio e di lungimiranza verso questo settore culturale, sacrificando qualche minuto e qualche euro alle star dei best sellers che peraltro vediamo dappertutto sulle pagine dei giornali e delle riviste, su tutti gli schermi, per tutto l’anno, fin quasi alla nausea. […]”
Ecco. Il testo integrale, come si diceva più su, è sul blog dei Topipittori, che se anche non c’andate per leggere tutta le lattera, andateci per farvici un giro, non potrete che esserne contenti.
Editoria / notizie / brevi. 38: GLI INTROVABILI, da e/o
Le edizioni e/o aprono la prima collana di narrativa in ebook: Gli introvabili
C’è una soglia minima di copie vendute al di sotto della quale una casa editrice cartacea non può permettersi di andare. Naturalmente si conosce il valore della soglia, ma non, prima che il libro sia commercializzato, se questa sarà toccata. Non c’è sistema che possa far sapere in anticipo. Gestire una casa editrice vuol dire avere a che fare costantemente con il desiderio di leggere il futuro, avendo, come sempre, solo a disposizione dati del passato. Se per le prime edizioni si va per estensione dei risultati di prossimità fra simili (se quel titolo vendette così, mah, magari vende così anche questo), per le ristampe, salvo fatti nuovi (ne hanno fatto un film), nelle case editrici si compulsano le vendite precedenti, magari di dieci anni prima (non ha venduto: non venderà).
Così ci sono libri, anche molto amati, che spariscono (-spariscono dalle librerie, perché prima di rivolgersi a Fahrenheit, bisognerà pure ricordarsi un giorno che esistono le bilioteche).
I costi che maggiormente incidono e orientano la decisione se ristampare o meno un titolo sono soprattutto due: i tempi di ritorno dall’investimento (se spendo 100 non è indifferente se quei 100 mi ritornano in un anno o in dieci) e i costi di stoccaggio (posso anche decidere di aspettare dieci anni che quei 100 mi ritornino, aggiungendo di anno in anno pecette su pecette con il prezzo leggermente aumentato –chi ha iniziato a comprare libri prima degli anni ’90 ricorda per esempio le edizioni Ricciardi / Einaudi che salivano, dalle qualche centinaia di lire stampate sulla quarta di copertina, alle qualche migliaia sull’ultima pecetta applicata, con tutta la storia dell’inflazione pre-Euro scandita sugli strati– ma anche se sono disposto a tenere quel capitale immobile devo avere enormi magazzini dove tenere i libri invenduti, e del personale che badi loro, e che ogni tanto si avventuri per i capannoni alla ricerca di quel titolo). A ragione o a torto, questo è un costo che le case editrici non vogliono più sostenere. Perciò si stamperanno decine di Jane Eyre e ben pochi Albione e Marina.
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Quando si iniziò a parlare di accessibilità ai testi svincolata dal supporto cartaceo si levarono le grida di speranza di chi vedeva così superati i due maggiori ostacoli alla loro circolazone. Non è successo subito. Le cose erano molto più complicate di quanto si sarebbe potuto pensare, e il mito del testo che, solo e liberato dai vincoli cartacei e produttivi, si proponeva, motu proprio, alle schiere dei lettori, s’è velocemente incrinato. I testi, nudi, non esistono, verrebbe da pensare. Sono anche redazioni, curatele, diritti, contesti, impaginazione. Senza i quali rischiano di essere forse nudi, ma muti.
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e/o è una casa editrice con una storia ormai più che trentennale; molto importante quando aprì, agli sgoccioli degli anni ’70 del secolo scorso, perché seppe proporre in Italia le letterature dell’est europeo in modo radicalmente innovativo in un contesto in cui il filtro ideologico era sfinito e purtuttavia pressante. Cassandra di Christa Wolf (1985, nella traduzione di Anita Raja), con la sua copertina rosa chiaro, la sottile cornice bianca rifilata in nero, il formato più quadrato di quanto usasse allora, e al centro, ancorato al margine inferiore, un blocco monocromo che conteneva un’immagine di donna, il titolo, e una citazione dal testo, segna un’epoca.
Casa editrice piccola, e/o negli anni ha saputo diversificarsi e trasformarsi; proprietà ancora dei fondatori, ora quasi irriconoscibile per chi l’abbia conosciuta allora, ha definitivamente lasciato i caratteri di nicchia degli esordi per scelte più generaliste, aumentando molto anche il numero di titoli pubblicati ogni anno.
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Ora, evviva!, apre una collana di ebook, che proprio quelle difficoltà di cui si diceva sopra, le attese di vendita, legate ai costi di magazzino, si propone di risolvere.
Molte le novità e le cose interessanti:
• non si tratta, come già accade per molti titoli di molte case editrici, di rendere disponibili anche in ebook testi cho lo sono già come libri, bensì di una collana composta esclusivamente di ebook
• non sono testi nuovi, bensì una scelta dal catalogo storico della casa editrice
• non sono testi best-seller, bensì titoli un po’ negletti, individuati, dice la casa editrice nei suoi comunicati, ascoltando le richieste raccolte attraverso contatti diretti con il pubblico, in occasione delle fiere, e sui social network
• costano molto poco
Tutte e quattro le caratteristiche indicate rendono l’operazione editorialmente interessante.
e/o, nell’annunciare la collana, che va ad affiancarsi all’offerta di ebook già presente sul loro sito di titoli anche cartacei, usa lo slogan “Una tradizione indimenticabile da riscoprire in digitale”; anche se ancora in maniera un po’ imprecisa (come lo è forse tutta l’operazione, più entusiasta che ben condotta) è un primo segnale di una direzione lungo la quale le case editrici cartacee potrebbero trovare materia di un’alleanza con le nuove forme di accessibilità, perfette per superare quei costi di cui si parlava più sopra, andando incontro alle esigenze, anche nostalgiche, del mercato, che pare ormai dare, finalmente, segni che la novità, il titolo nuovo, non sia più, in sé, un valore certo.
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Sarà molto interessante vedere la tenuta dell’operazione, seguire i dati di vendita, non nella prima settimana, non nel primo mese, ma fra sei mesi, un anno. È probabile, oltre che auspicabile, che la collana abbia, nei prossimi tempi, un buon successo di vendita. Molti sono i fattori che lo fanno pensare: la vicinanza con l’ebook I ferri del’editore, scritto dal parton della casa editrice e distribuito come ebook nelle ultime settimane, con ottimo successo di vendite e di eco sui social network come sui canali tradizionali, che ha attirato l’attenzione sul marchio e/o; l’originalità dell’operazione, che unisce in un progetto chiaro e unitario una serie di titoli di ebook; il prezzo molto basso. Proprio quest’ultimo elemento, che sarà probabilmente molto apprezzato, sarà una chiave per interpretare i dati di vendita fra un anno.
Perché uno dei nodi ancora irrisolti riguardanti gli ebook, è la discrepanza fra valore, costo e prezzo degli ebook, che mentre per i libri ha trovato più o meno un punto di incontro fra aspettative e esigenze sia di chi produce che di chi consuma, per gli ebook è ancora lontanissimo dall’essere anche solo abbozzato, e il valore percepito rimane ancora molto basso rispetto al prezzo solitamente richiesto (e il costo una variabile indipendente molto più che per il cartaceo).
In questo caso il prezzo richiesto è davvero molto basso (1,99 € per i primi dieci giorni di lancio, poi salirà a 3,99 € restando comunque in una fascia davvero accessibile), e il progetto è la tessitura che lo rende non svalutativo, ma questa appare ancora fragile. Le copertine sono poco oltre la soglia del corretto (con l’effetto pergamenato che non si vorrebbe vedere mai più), e non vi è apparato che attribuisca ai testi un contesto ricco. Questo in altri casi potrebbe non essere importante, ma in questo, dove si unisce prezzo molto basso e contesto potenziale (la storia della casa editrice: bastava una pagina che ancorasse il testo al suo intorno editoriale) completamente inespresso, se non attraverso lo slogan della pubblicità, rischia di indebolire, alla lunga, l’operazione.
Ma è un inizio, ed è un inizio molto importante, da salutare festosamente.
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Si comincia con dieci titoli, che trovate elencati sul sito di e/o.
Ogni titolo è in formato epub, eccoli:
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